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21 gennaio 2022 PRIMO PIANO

Coppolecchia, polaroid per raccontare la Mongolia

Nel 1989 Maurizio Coppolecchia - 62 anni, produttore e fotografo che da oltre vent’anni vive con la famiglia a Torre d’Isola - attraversa la Mongolia per girare uno spot pubblicitario su incarico di Invicta. In macchina carica l’attrezzatura professionale ma nello zaino infila anche una Polaroid SX70. Con quella macchina, che in pochi secondi è in grado di sviluppare una pellicola 8x8 centimetri, Coppolecchia imprigiona gli sguardi incuriositi della gente che incontra lungo la strada: «Uomini, donne, vecchi e bambini ammaliati da quel curioso marchingegno che, come per magia, restituiva la loro immagine in tempo reale» racconta il fotografo. Al ritorno in Italia mette le foto in un cassetto e se ne dimentica. Trascorrono gli anni, nel frattempo Coppolecchia si dedica all’attività di produttore e, tra i tanti lavori, realizza con Indigo Film Il Divo di Paolo Sorrentino. Nel 2020 con l’amico Pietro Spica, compagno negli anni Settanta di memorabili viaggi on the road in America Latina, concepisce un progetto: Spica è un artista apprezzato, da troppo tempo non partono insieme. E allora perché non provare a ripercorrere quello stesso viaggio con acquarelli e pennello? Perché non tradurre sul tela, a colori, quelle fotografie? Un viaggio in due tempi, ancora più struggente ora che Spica non c’è più (il pittore è scomparso lo scorso settembre, a 68 anni). E dall’idea nascono una mostra (l’inaugurazione il 20 gennaio allo Spazio d’Arte Scoglio di Quarto di Milano, a pochi passi dalla Darsena) e un libro d’artista che portano lo stesso titolo, The Immediate Gaze. «La mostra – dice il fotografo – è anche un omaggio a Pietro, al passato condiviso e alla mancanza». «Il viaggio in Mongolia fu un progetto complesso – racconta oggi Coppolecchia –. Per viaggiare all’interno del Paese ho avuto bisogno del permesso del governo, vigeva ancora un regime comunista. E le fotografie che ho scattato sono poi diventate un reportage culturale e antropologico. Quei ritratti istantanei formato polaroid mi hanno permesso di costruire da subito un rapporto di reciproca fiducia con la gente del luogo, vivere la stessa quotidianità, scoprendo l’eleganza e la fierezza di un popolo costantemente in movimento. Facevo sempre due copie, una la regalavo al soggetto che immortalavo».  Per anno Coppolecchia – che professionalmente nasce perito gemmologo, con diploma all’esclusivo Gemmological Institute of America di Los Angeles – ha lavorato come fotografo poi come executive producer, sempre nell'ambito della produzione pubblicitaria. «Da qualche tempo – dice – ho ripreso a fotografare a tempo pieno, ma con la mia casa di produzione, la Film Content, ho in cantiere un nuovo progetto: raccontare la storia incredibile del grande chitarrista jazz italo-americano Pat Martino (scomparso nel 2021, ndr). Per un’emorragia cerebrale perse la memoria diventando poi oggetto di studi di neurologia».

M. Grazia Piccaluga
La Provincia Pavese