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28 ottobre 2022 PRIMO PIANO

Mongolia, complicato distanziarsi da Mosca

La Mongolia è una nazione dell’Asia Centrale nota, ai più, per essere stata la patria del guerriero e conquistatore Gengis Khan. Si tratta di una nazione molto estesa, con una superficie territoriale di oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati, e poco popolosa, dato che i residenti sono poco più di tre milioni e mezzo (la metà dei quali vive nella capitale Ulan Bator). Il territorio mongolo è immenso, dominato dalla steppa e dal Deserto dei Gobi, ma anche indifendibile dalle mire dei suoi vicini, Cina e Russia. Per secoli la Mongolia è stata sottoposta alle ingerenze dell’Impero Cinese e dopo la caduta di questo, nel 1912, è entrata nell’orbita della Russia e poi dell’Unione Sovietica diventando un regime comunista. Il ritorno della democrazia, a partire dal 1990, non ha mutato il quadro geopolitico complessivo dato che Pechino e Mosca continuano ad essere vicini ingombranti. La Mongolia, come ricordato da Global Voices, è stata ribattezzata «un’oasi di democrazia» dall’ex Segretario di Stato americano John Kerry perché si erge tra due vicini autoritari come Cina e Russia. La sua scena politica è però dominata da esponenti che sono grandi ammiratori del presidente russo Vladimir Putin. Il primo è l’ex Capo di Stato Khaltmaagiin Battulga, già campione mondiale di wrestling, membro del populista Partito Democratico e vincitore delle elezioni del 2017. Il secondo è Ukhnaagiin Khurelskuh, membro del Partito del popolo mongolo (Mpp) e attuale presidente. Entrambi hanno espresso la propria ammirazione per Putin coniando slogan elettorali e dichiarazioni, nel caso di Battulga non partecipando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite pur di incontrarlo e in quello dell’Mpp collaborando con Russia Unita. A livello ufficiale il governo mongolo ha adottato una posizione neutrale sulla guerra in Ucraina e ha subito stanziato duecento milioni di dollari come forma di aiuto umanitario nei confronti dei rifugiati colpiti dalle ostilità. Più di questo, però, non si è potuto fare, e si è rivelato complesso condannare apertamente le azioni del Cremlino a causa della forte dipendenza energetica sviluppata nei confronti della Russia. Il petrolio utilizzato dalla Mongolia proviene quasi esclusivamente da Mosca e le province occidentali del Paese sono strettamente legate alla Russia per quanto riguarda l’elettricità. Ci sono stati tentativi di diversificare le fonti energetiche, tra i quali spicca la costruzione di impianti idroelettrici a lungo osteggiati da Mosca e che hanno ricevuto luce verde dopo molti anni di stallo. Nel 2016 la Federazione Russa ha accettato, dopo la ratifica di un accordo intergovernativo, di cancellare il novantasette per cento del debito residuo, pari a 174 milioni di dollari, contratto dalla Mongolia nei suoi confronti. La questione del debito, risalente ai tempi dell’Unione Sovietica, gravava da anni sulle relazioni bilaterali tra i due Paesi ed era già stata oggetto di un primo accordo nel 2004 quando, come riportato da The Diplomat, i dieci miliardi di dollari dovuti a Mosca erano stati convertiti nel versamento di «meno di trecento milioni di dollari» di rubli convertibili. Il megaprogetto Power of Siberia 2, che coinvolge Russia, Mongolia e Cina e prevede la costruzione di «1942 chilometri di linee di gas con 114 pozzi», includerà la Mongolia nel perno energetico della Russia verso l’Asia dato che il gas russo diretto verso la Cina transiterà proprio qui. Il Ministro della Cultura Nomin Chinbat ha dichiarato, nel corso di un’intervista al Guardian, che la Mongolia non intende arretrare sulla democrazia, che è in corso un cambiamento generazionale tra i mongoli e che la prospettiva dei giovani è meno definita dalle relazioni con i vicini del Paese e più dallo sviluppo stesso dello Stato. Se c’è una guerra prolungata l’orientamento politico della Mongolia potrebbe essere di nuovo in gioco, soprattutto qualora venga formata un’alleanza anti-occidentale tra Cina e Russia. Alcune nazioni occidentali, come Regno Unito e Stati Uniti, si augurano che la Mongolia intraprenda la strada dello sfruttamento delle proprie risorse naturali per diversificare la propria economia e modernizzarsi. La visita di Amanda Milling, ministro per l’Asia del Regno Unito, è un segnale dell’interesse mostrato da Londra e Washington. (fonte linkiesta.it)