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GENGIS KHAN

Il principe dei nomadi
di Vito Bianchi
2005 Laterza - 320 pagine 19 euro

In occasione delle celebrazioni per l'800° anniversario dell'Impero Mongolo, che cade nel 2006, non poteva mancare l'ennesima storia dedicata al suo fondatore, Gengis Khan. Questa volta è un autore italiano, Vito Bianchi (professore di Archeologia all'Università di Bari) a raccontarci la vita e le imprese di Temujin. Anche se non affiorano aspetti inediti su questo straordinario condottiero e in generale sulla realtà tradizionale dei nomadi della steppa (anzi, c'è dovizia di citazioni, soprattutto dai diari di Guglielmo da Rubruc, dalla Storia segreta dei Mongoli e dall'Historia Mongalorum di Giovanni da Pian del Carpine), il libro - un po' racconto un po' saggio - si legge con piacere, forse proprio perché si può gustare una stesura originale italiana senza dover passare dai "sottotitoli" dei traduttori, che a volte reinterpretano o impoveriscono l'opera. Un'occasione per rileggere le vicende epiche di questo Impero che ha segnato in modo decisivo le vicende della storia del mondo.


Estratto: "Drappelli familiari abituati a vagare sparpagliati per le brughiere asiatiche vennero a un certo momento raccolti politicamente e ideologicamente sotto un unico capo, che diede loro un corpus di leggi chiamato yasak. Quel codice dimostrerà come dei precetti socio-culturali elaborati in un milieu nomade (...) potessero informare società più complesse, basandosi sulle regole del rispetto, della pace e su una singolare integrazione religiosa, estesa a un regno enorme: molto più ampio di quanto seppe fare Alessandro Magno, o l'antica Roma, o il Califfato di Baghdad. Un principato al cui confronto le conquiste napoleoniche appaiono poco più che modeste velleità. Un dominio che, slanciandosi in ogni direzione dal cuore della Mongolia, si farà immenso"