ULAANBAATAR WEATHER

IN MONGOLIA

di Ian D. Robinson
2006 TEA - 200 pagine 18 euro

Si intitola semplicemente "In Mongolia" il racconto di Ian D. Robinson, un esploratore neozelandese che, zaino in spalla, si è avventurato fra le steppe, il deserto e le montagne di questo Paese. E' il diario di viaggio intrapreso nell'aprile del 1992 e pubblicato la prima volta nel 2004 in Nuova Zelanda. La casa editrice Tea, che ha già proposto negli anni scorsi "La storia segreta del Mongoli" con la preziosa introduzione di Fosco Maraini, punta di nuovo sulla Mongolia. Ma questa volta l'iniziativa editoriale non è all'altezza: Robinson, che pure compila un diario a tratti interessante, non riesce a trasmettere emozioni vere e, fatale difetto narcisistico dei narratori di viaggio, incentra tutta la vicenda su se stesso, tenendo a distanza di sicurezza le persone e gli scenari incontrati. Fa specie poi che un esploratore di primo pelo (ai tempi del viaggio Robinson aveva 24 anni) esulti quando un nomade di Karakorum non gli fa pagare una zuppa di montone e poi si possa permettere di comprare cavalli come se piovesse per mettere in pratica il suo cocciuto progetto di "girare la Mongolia da solo", senza la compagnia dei mongoli. La prima tappa la dice lunga: per percorrere i 400 chilometri scarsi da UB a Karakorum, Ian impiega 18 giorni, alla fine dei quali si chiede: "Non ho ancora deciso che cosa fare, se proseguire o tornare indietro, mi annoierò e basta e finirò tutti i soldi. Però mi stufo anche stando qui, e sono stanco di tentare di comunicare con i nomadi". Domandina: restare in Nuova Zelanda no eh? Dulcis in fundo, sulla quarta di copertina si promette "uno splendido inserto fotografico". Non credeteci: si tratta di una trentina di brutte immagini, banali, in posa o, peggio che mai, "sparate" con un flash impietoso contro gli ignari nomadi.


Estratto: "Il paesaggio è completamente piatto in tre direzioni, una pergamena senza fine con qualche rara macchia di erba secca. Niente alberi né cespugli né rocce né acqua né gente. Niente. Niente verso cui andare, se non un'indicazione della bussola e il sole alto e caldo sopra la testa. Niente da guardare o che mi distolga dal suono degli zoccoli del mio cavallo, un suono che mi sta ossessionando"