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IL CONQUISTATORE DEL MONDO

di René Grousset
2011 Adelphi (Prima edizione: 1944) - 344 pagine 24,50 euro - traduzione Elena Sacchini

Capolavoro di storia e poesia del grande orientalista Grousset (1885-1992), apparso per la volta nel 1944 e riproposto da Adelphi in tutto il suo splendore. Dalla presentazione di Pietro Citati: "Sullo sfondo del bellissimo libro, che René Grousset ha dedicato a Gengis-khan, bisogna immaginare tutta l’Asia nordorientale, dai massicci dell’Altai ai confini con la Cina a nord e a occidente massicci nevosi dove appaiono, sulle pendici settentrionali, i «larici pazienti al freddo»; e verso sud, cedri, pioppi tremuli, betulle, abeti, ontani, salici, e un intricato sottobosco di muschi e di rododendri. È la «foresta sacra» dei Mongoli. (...) Questo paesaggio di ghiacci, alberi e fiori era dominato da una coppia di animali sacri: il Lupo blu-grigio e la Cerbiatta fulva. Tutti i Mongoli si sentivano lupi blu-grigi e cerbiatte fulve. In primo luogo, erano lupi: gli animali inviati dal Cielo, gli archetipi della stirpe, i possenti antenati. Il lupo, colore del cielo, si incontrava con la cerbiatta, fulva come la steppa. Si amavano furiosamente: il loro connubio era l’incontro della fiera e della selvaggina, del divoratore e del divorato, dell’assassino e della vittima; connubio così spesso raffigurato negli ori della Scizia. Attraverso il lupo e la cerbiatta, i Mongoli diventavano animali. Erano come i cavalli, dai quali suggevano il sangue: come «falconi affamati»: come «cani dalla fronte di bronzo»: come «corvi notturni»: come gru «dalle zampe azzurre e dalle penne color cenere»; come marmotte, talpe, pesci. Persino le frecce di legno e di penne, su cui scrivevano i nomi, erano una parte di loro: vibravano, attraversavano velocemente il cielo, colpivano da lontano e con innaturale precisione i cervi e i falconi, stabilendo con le vittime un legame strettissimo, che solo i Mongoli comprendevano. Sapevano che gli animali erano figure superiori agli uomini: volavano, nuotavano, odoravano, vedevano di notte, conoscevano il futuro e le lingue segrete. Così, per colpire la preda, essi non dovevano scendere verso gli animali, ma salire a un livello più alto dell’uomo, nel punto in cui l’uomo-animale si trasformava in Dio".


Estratto: "Più di una volta la federazione delle tribù che avrebbe un giorno realizzato Gengis Khan fu abbozzata dai suoi avi. E più di una volta è parso addirittura che questi fossero riusciti nell'intento; sennonché l'alleanza ottenuta si disgregava subito dopo per fare nuovamente posto allo sfaldamento del clan, alle loro efferate ritorsioni, all'anarchia e all'impotenza. Non c'era allora condizione più miserabile di quella in cui versavano i discendenti del Lupo e della Cerbiatta".