ULAANBAATAR WEATHER

Mio nonno Zandraa Tseveenii,
padre del cinema mongolo

Mio nonno Zandraa (1918-2009), fu il primo regista cinematografico e scenografo professionale della Mongolia, e quindi entrò nella storia come il “Padre del cinema professionale mongolo”. Più conosciuto come il regista di film documentari, fece anche tanti film con gli attori,  introducendo in Mongolia lo stile di “vaudeville” e la commedia cinematografica, ma in più fu anche uno scrittore. I suoi racconti, qualche libro ed alcune poesie diventarono classici della letteratura mongola, mentre lui era ancora in vita. Il suo film “La patria” vinse il primo premio internazionale per la Mongolia come il Grand Prix del Festival Cinematografico Internazionale a Jakarta in nome di Patrice Lumumba, Indonesia, ovvero la Statuetta della Fanciulla d’Argento che attualmente si trova al Museo dell’Arte e del Teatro a Ulaanbaatar. Quindi fu invitato a tanti festival internazionali di diversi paesi come il celebre Festival del Cinema a Mosca per almeno quattro volte, il Festival del Cinema in Egitto,  in Bulgaria, in Germania dell’est prima della caduta del muro, in Cina, in Mongolia Interna, in Lituania e Lettonia, in Polonia, in Moldova e in tanti altri paesi, in alcuni dei quali fu anche membro di commissione della giuria internazionale. Nel 1994 il VI Festival des Trois Continents in Francia rende omaggio al cinema mongolo aprendo con e presentando il film di mio nonno “Shine jil” (tradotto come “Nouvel An”) del 1954.

Durante la sua vita mio nonno Zandraa fu premiato con tanti titoli,  medaglie e riconoscimenti nazionali più alti dello stato e del governo, per il suo prezioso contributo nell’arte della Mongolia.

Invece per me,  il nonno era soprattutto e semplicemente il mio caro e amato unico nonno. Direi,  rappresentò una figura di padre, con il quale potevo condividere i miei più grandi segreti, con il quale organizzavo ”grandi azioni” per realizzare all'inizio i miei piccoli desideri,  e poi le cose serie,  tra le quali:  il mio canto lirico. Fu lui e soltanto lui che non vedeva in questo una sciocca pazzia, anzi, visto che a me piaceva cantare, insistette perché prendessi tutto con la massima serietà,  cosi mi portò dal mio primo Maestro, il tenore Khaidav e mi fece studiare il bel canto. Credendo in me,  mi diede sempre solo la forza e il coraggio di continuare la mia strada verso l’arte dell’opera lirica. Lui mi amava per quello che sono, senza mai alzare la voce o sgridarmi, anzi solo da lui ho saputo di essere veramente rispettata nelle mie scelte e non c’e bisogno di dire che mi manca e mi manca il suo amore.

Qui vi presento una delle sue interviste mai pubblicate, che scrisse rispondendo alle domande di uno studente che faceva qualche ricerca sul cinema della Mongolia e che abbiamo trovato da poco insieme con mio fratello Altan in mezzo ai suoi tanti scritti rimasti dopo la sua scomparsa.

Ayana Sambuu

“Io mi chiamo Enkhjargal di Choibudraa. Sono un studente di giornalismo in Tuv aimag (Aimag Centrale) del distretto di Jargalant. Ho seguito il corso del professore Tseren sulla professione di cameraman e abbiamo parlato di suoi film e dei suoi lavori letterari. Mi interessa moltissimo e raccolgo il materiale sui film documentari,  studio con grande interesse le biografie e i lavori dei registi cinematografici. Perciò grazie al professore Tseren che ha dato il suo consenso ad aiutarmi per fare da tramite... mi rivolgo a Lei per qualche domanda,  ringraziandola immensamente per la Sua disponibilità. Ci racconti di Lei,  come era da bambino? Come diventò regista cinematografico?

Mio padre, Tseveen Tegsh e la mia mamma, Dulmaa Galsan, erano entrambi di etnia buriata. Perciò sono nato al Altanbulag come loro quarto figlio dopo il loro trasloco dalla Buriazia Russa al termine della Rivoluzione Sovietica. La famiglia Tseveen era composta da quattro figli: la più grande mia sorella Dolgorjav, la bellissima sorella Tserendejid, mio fratello Puntsag ed io. Quando avevo tre anni ci spostammo in Zuun Kharaa, al pascolo della montagna Kherkhentseg per stare insieme con qualche altra famiglia di buriati e dove sono cresciuto fino 10 anni prendendo educazione a casa… Poi (siccome a Zuun Kharaa non c’era una scuola ufficiale) mi portarono in città quando avevo già 10 anni per studiare in una vera scuola. Vivevo insieme alla mia seconda sorella, e mi fecero entrare alla scuola elementare dove tutti gli altri bambini avevano 7-8 anni, ed io ero magrolino e più alto degli altri,  perciò mi prendevano in giro chiamandomi “Papà”. Questo mi faceva soffrire moltissimo, ero molto sensibile e mi vergognavo a tal punto che decisi di scappare di casa. Quando mia sorella finalmente mi ritrovò, mi riempì di sculacciate, così in più diventai un bambino estremamente pauroso. Nel 1932 entrai all’ istituto pedagogico dove mi laureai nel 1936 e diventai un maestro della scuola elementare dell’Aimag Centrale del distretto Batsumber. Lì insegnavo insieme ai maestri con quali studiavo all’istituto pedagogico, ed anche il nostro direttore, Tumur Ochir, era sempre un laureato del nostro stesso istituto. Così d’estate per riposare, andavo dai miei che vivevano e lavoravano in un altro posto chiamato Baruun Bulen, andando da loro mi capitò di trovarmi per sbaglio dove il grande fiume Orkhon si ramificava,  e così quasi affogai nella sua corrente, per fortuna fui salvato  e tirato fuori da una ragazza che pascolava le pecore che in quel momento stava facendo bere gli animali. Così ebbi in più una grande paura dell’ acqua! Quindi quando ero bambino e all’età di un giovanotto, ero molto,  ma molto timido, non sapevo rispondere a tono alle persone, perciò c’era sempre qualcuno che si approfittava di me. Lavoravo così cercando di fare del mio meglio, facendo  buon viso a cattivo gioco, in modo che nessuno mai avrebbe potuto avere la possibilità di dire o ridire qualcosa e rimproverarmi. Credo,  che tutto questo poi mi aiutò nel creare i personaggi dei miei lavori letterari. Quando diventai adulto mi ispirarono moltissimo i racconti del Dambadorj “Tolbo nuur” e Yadamsuren “ Khos zaluu”, ”Shii mergenii shiitgesen khereg”,  gustai moltissimo queste novelle, cominciai davvero a sentire dentro di me la voglia di scrivere, analizzando le persone dal punto di vista della virtù, della bontà, della cattiveria, della perfidia ecc ecc. senza minimamente pensare di poter diventare uno scrittore. Quando ero un piccolo bambino pensavo che tutti gli adulti fossero molto più intelligenti, ed io essendo piccolino non potevo avere ragione più di loro! Più tardi insegnando alla scuola di Batsumber successe una cosa: un bambino scappò dalla scuola, ed io andai a cercarlo. Andai da solo con un cavallo senza sella e in più con gli stivali solamente di cuoio (si intende non gli stivali invernali caldi). Perciò feci congelare i miei piedi da un colpo ipotermico così che dovetti poi curarmi per tantissimo tempo, restando a letto. Questo “caso” mi fece venire un certo disgusto verso il lavoro da insegnante. Infatti proprio in quel periodo, di qualche mese di riposo forzato, cominciai a studiare la lingua russa che mi ritornò molto utile più tardi. Dopo aver lasciato il lavoro presso Batsumber,  mentre ero entrato a lavorare all’ Istituto Tecnico di Economia mio padre venne arrestato, ed io fui cacciato dal lavoro come un figlio del “nemico del popolo”.  Confiscarono tutti i beni della nostra casa, e veramente per sopravvivere diventai un uomo, scaricavo il carbone alla fermata chiamata come la “quinta dell’acqua calda “ (una vecchia fermata dei treni). Lavorai così per due anni, e tornando a casa nelle ore serali la mia mamma mi raccontava antiche leggende, favole, parlavamo della vita e delle nostre sofferenze e difficoltà, le confidavo qualsiasi cosa, attraversavamo un periodo davvero difficile. Per fortuna, un giorno incontrai uno vecchio conoscente, si chiamava Khurlee, lui mi aiutò a diventare un assistente di Tsevegmed Nyamaa (più tardi lui diventò l’Artista del Popolo, Ardyn Jujigchin). Sempre innamorato dell’ arte, mi furono di grande aiuto tutte le leggende raccontatemi dalla mamma ed i consigli di una volta della mia maestra Tsegmed. Così mi sono ristorato nell’ anima gioendo nel profondo. Ero molto felice! Ecco come cominciò la mia strada verso l’arte.

I suoi racconti “ Il negozio di un somon”, “Il paese mongolo”, ”La candela in mezzo al fuoco” ed anche tante poesie furono pubblicati su giornali come “La via della cultura”, ”Il diritto nazionale del popolo”. Dicono che questi giornali erano fondati dall’ordine del Consiglio dei Ministri del 1932, mentre gli altri erano quelli popolari come “La bandiera rossa”,  “La letteratura della rivoluzione”. Quindi perché aveva scelto “La via della cultura “ e “ Il diritto nazionale del popolo”?

Si, poi cominciai ad amare il giornale “Il diritto nazionale del popolo” forse perché c’erano le poesie e i poemi dello scrittore Yadamsuren che mi piacevano.

Nel 1943 Lei andò a studiare all’ Istituto Cinematografico della Federazione Russa e diventò il primo studente straniero di Eisenstein. Ci può raccontare un po’ degli anni di studi e dei suoi compagni studenti?

Invece all’ Università della Cinematografia studiai insieme con Gamjuur Damba,  lui nel corso per cameraman, ed io in quello classe da scenografo e regista. Siccome comunque avevo problemi con la lingua,  i miei compagni di classe Drobashenko, Slavin e Strelkov mi aiutavano moltissimo. Certamente vivere insieme con gli altri studenti nel dormitorio studentesco mi aiutò molto a capire e studiare quello che leggevo.

Nel 1948 Lei tornò a Ulaanbaatar e subito realizzò il suo primo lavoro: il film documentario “Ulaanbaatar”. La sua ispirazione, il successo ed anche le difficoltà, come si sentiva all’ epoca?

Nel 1948 quando tornai dopo aver finito gli studi all’ Università,  la capitale Ulaanbaatar non era ancora cambiata,  era quasi quella di prima. Arrivavano voci che i nostri giovani costruttori, architetti ed ingegneri, insieme con gli ingegneri  sovietici,  stavano lavorando sui progetti per rinnovare e cambiare la città, perciò ero preoccupato, pensando come sarebbe stato bello riuscire a documentare sulla pellicola cinematografica la città, ancora quella vecchia,  non cambiata. Infatti, mentre riflettevo fra me e me su questo argomento,  all’ improvviso arrivò “da sopra” (vuol dire dal governo *) per mia grande gioia il compito di creare un documentario sulla vecchia città. Così mi dedicai completamente alla produzione del mio primo film “Ulaanbaatar”.

Lei non è solo regista,  ma anche uno scenografo professionale. Essendo anche scrittore, dicono che lei abbandonò la scrittura per fare cinema. Ci può chiarire un po’ su quest’ aspetto? Comunque, prima di fare cinema lei scrisse i libri “Un anno nuovo”, “Il guaio che ancora deve arrivare”, ”Nostri motivi melodici ” che poi rifece come scenografie per i suoi film…?

Per quel che riguarda i miei scritti, si, io scrivo, anche se critico me stesso moltissimo, in più ho un carattere particolare, quindi spesso mi trovo assolutamente in disaccordo con alcuni altri scrittori ed editori. Perciò purtroppo tanti dei miei scritti non sono mai stati pubblicati. In più, ci sono stati tanti momenti molto frustranti e drammatici nella mia vita ; poi essendo sempre  in viaggio per fare i documentari, spendendo tantissimo tempo con il lavoro con i camerman, perché non riprendevano esattamente come volevo, a volte lasciavo la scrittura per parecchio tempo.

Il libro “ Gem n urdaa” (“Il guaio che deve ancora arrivare ”) è un mio libro che racconta della vita di un alcolizzato,  che pian piano stava rovinando non solo la propria vita,  ma anche la vita della sua famiglia e dei suoi bambini sia a livello personale, che sociale. Quindi decisi di far diventare questo libro un film e di raccontarlo attraverso lo schermo cinematografico ; scrissi anche la scenografia per questo film.

Tanti chiamano il film “Manai ayalguu” (“ I nostri motivi melodici”) come un concerto cinematografico, il che mi fa piacere, anche se questo genere di cinema si chiama “ vaudeville”  e proviene dalla Francia del XV secolo,  più precisamente dalla provincia della Normandia. All’ epoca questo genere era diffuso da tempo in tutti i continenti: Europa,  Asia, America. Dunque, lo scopo fu di introdurre questo genere anche in Mongolia. Il film “ Un nuovo anno” lo scrissi per realizzare sullo schermo quello che diventò all’ epoca una specie di rito o tradizione fra i giovani, quei lavoratori bravi, che riuscivano a realizzare i loro progetti prima del tempo, di celebrare così “ l’anno nuovo” due volte all’ anno.

Tutti sanno che è stato proprio Lei a sperimentare e fare il primo cartoon mongolo in assoluto. Perché Lei ebbe così grande interesse per creare il cartoon “Due amici”?

A parte i film con gli attori e i film documentari, i cartoon animati hanno una grande parte nella cinematografia. Nel nostro paese di creare cartoon non se ne parlava affatto, per almeno 30 anni dalla nascita di questo genere nel mondo. Negli altri paesi di cartoon si interessavano non solo i bambini,  ma anche le persone adulte,  perciò io pensai di creare anche cartoon. Così nel 1962 insieme con un mio amico scrittore, Lodoidamba,  provai a creare un film per mettere,  per così dire, il primo mattone dell’industria dei cartoon in Mongolia. Purtroppo, non ebbi nessun appoggio ne dagli istituti amministrativi,  ne dal governo, quindi questa idea piano piano cominciò a spegnersi …(dicono adesso che Myagmar della televisione e il pittore Buyandelger  stanno lavorando alla produzione dei cartoon). Perciò il primo cartoon animato della Mongolia che feci io che si chiama “ Due amici” non diventò affatto una sensazione, anzi, come si dice” la prima frittella va a rotoli”. Quindi in più quell’ anno su un giornale uscì un articolo che criticò il mio tentativo di creare il genere di cartoon cinematografico.

La scenografia del film “L’arcobaleno del paese mattutino” fu scritta insieme con J.Purev. Perché lo chiamò cosi? Quali furono le difficoltà di fare questo film? (mio nonno sottolineò la parola “fare” correggendo e mettendo sotto la spiegazione ”il film non si fa,  ma si crea!”)

“Errnii nutgiin solongo” ovvero “L’arcobaleno del paese mattutino”. L’arcobaleno è il simbolo della vera bellezza del nostro paese, i sette colori, rappresentavano lo sviluppo della Mongolia, i suoi tempi e ritmi. Quindi lo creai non come uno documentario,  ma come un film narrativo che racconta del nostro paese di quell’epoca.

Nel 1964 il suo film vinse il Grand Prix del Festival cinematografico Internazionale in Jakarta  ovvero La statuetta della Fanciulla d’argento in nome di Patrice Eneri Lumumba. Ci racconti come riuscì a vincere questo premio?

Il nostro film “La patria” vinse il Grand Prix di Patrice Lumumba. In questo film abbiamo fatto vedere soprattutto la danza classica,  l’orchestra sinfonica, i musicisti e gli strumenti musicali. E quindi i giornalisti dissero che quelle non erano persone mongole che suonavano, insistendo, che nel nostro paese non doveva essere sviluppata l’arte classica, perché dovevamo essere un paese tribale. Perciò,  io ho dovuto addirittura provare che quelle persone erano della Mongolia, insomma questo film alzò un gran polverone. Alla fine la commissione di giuria decise che, secondo loro il film veramente riuscì a far vedere quel che nessuno si aspettava, in altre parole il film “ dimostrò lo sviluppo del nostro paese attraverso la musica”.

Lei “creò” tantissimi film, sicuramente, per ognuno dei quali diede anima e cuore. Quale di questi fu il più difficile da realizzare ? Quale di loro amò di più?

Ognuno dei film aveva le sue difficoltà, ma i film che amo di più sono “ Il guaio che deve ancora arrivare”, “I nostri motivi melodici”

 Ci sono tanti generi cinematografici, quale di loro Le piacerebbe che si sviluppasse di più?

Mi piace qualsiasi genere dove ci sente l’anima, dove si tocca la profonda sensibilità dell’ anima umana, per questo i vari generi piacciono alle persone. Risponderei: La sensibilità dell’ anima umana non si divide nei generi..

Lei ha lavorato con tante persone, ci racconti un po’ sulle persone con quali era facile *lavorare insieme? Poi si dice che per realizzare bene un film bisogna avere un bravo cameraman? Lei è una persona come diciamo noi, che appartiene alla Generazione d ‘Oro, ci racconti un po’ delle persone della sua generazione?

Non si dice mai ”facile per lavorare”, e con tutto il rispetto, non è una cosa materiale da fare.(Un film non è un lavoro da sarta o calzolaio!) Intendevi, coinvolto nell’ anima ? Sono i cameraman come Demberel, Ganjuur, Khuyag-Ochir. Inoltre,  non si può apprezzare un opera d’arte se è una cosa fatta “bene”, “male” ovvero “ grigia”. L’unico modo di apprezzarla è di saper riconoscere se sia l’ OPERA D’ARTE oppure NON sia un ’OPERA D’ARTE. Su questo sto scrivendo un articolo che uscirà sulla stampa presto, perciò per la risposta completa dovresti aspettare.

Che cosa ne pensa della cinematografia della Mongolia di oggi?

Il vero apprezzamento viene col tempo, quando ci saranno molti più i film arrivati al pubblico. È il pubblico che prende le vere decisioni. Quel che penso, è che ci dovrebbero invece essere fatti nuovi regolamenti nella struttura amministrativa della nostra istituzione cinematografica e della produzione Mongol Kino.

Che cosa ne pensa della televisione mongola? Pensa che la televisione non apprezzerà abbastanza il genere dei film documentari? I film lungometraggi invece riusciranno a prendere il posto loro nella televisione?

Dove e come andrà a sviluppare l’arte cinematografica e la televisione non saprei dire. Se qualcosa si crea, qualcuno sarà sempre più o meno apprezzato,  giustamente e non. Le cose si vedranno e verranno col tempo, aspettiamo!