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Dornogobi, miracoli nel deserto

La ferrovia Transmongolica taglia in diagonale il Dornogobi (Gobi orientale) per arrivare fino a Zamyn-Üüd, punto nevralgico degli scambi commerciali con la Cina. Questa regione, senza grandi laghi né fiumi e apparentemente arida, è ricca di falde freatiche e può vantare, fra i suoi ospiti, animali quali la gazzella gozzuta, l’onagro, la capra siberiana e l’argali. Croce e delizia della Mongolia, non mancano le risorse minerarie, fra cui rame, fluorite, metalli nobili, pietre preziose e persino un deposito di petrolio a Züünbayan, sfruttato dal 1950 al 1969, abbandonato e ora in via di ripristino. Fatta eccezione per gli studiosi di paleontologia, attirati dalla copiosa eredità fossile del Cretaceo, sono pochissimi i viaggiatori che si avventurano da queste parti se non di passaggio per o dalla Cina. Questo fa della regione una meta alternativa e tutta da scoprire. Il capoluogo Sainshand, a circa 200 km dal confine cinese e passaggio obbligato dei convogli ferroviari, significa “buona fonte” ma il nome è un po’ ingannevole trattandosi di un’anonima cittadina di ventimila abitanti, spazzata dai venti e dalla sabbia del Gobi. In attesa di tempi migliori, qui c’è la possibilità di rifocillarsi e riposarsi in qualche albergo confortevole o nei campi gher piazzati negli immediati paraggi. Oltre al museo dell’aimag (aperto tutti giorni dalle 9 alle 17) suddiviso in sei sale a tema che vanno dalla paleontologia alle tradizioni popolari, c’è un altro museo che vale una visita: quello dedicato a Noyon Khutagt Danzanravjaa, soprannominato “l’impetuoso nobile santo del Gobi”, figura singolare dell’arte e della storia mongola. Vissuto nell’Ottocento, fu un enfant prodige, compositore di canti, di poemi, di commedie, di dipinti, fu proclamato capo dell’ordine dei Berretti rossi e Quinto signore del Gobi, nonostante le persecuzioni dei cinesi manchu. Fu soprattutto un erudito, un apostolo della cultura, edificò un teatro e una scuola, attivandosi per divulgare una cultura di base, senza distinzione di sesso né età e sostenendo ogni forma d’arte. La credenza popolare gli attribuiva una serie interminabile di miracoli e di poteri soprannaturali. Anche la morte è avvolta nel mistero e il suo corpo fu mummificato e bruciato dal governo filosovietico che vietò tutte le sue rappresentazioni. Recentemente è stata riscoperta l’opera di Danzanravjaa e dal 2004 in tutta l’Asia viene messa in scena la sua commedia più popolare, intitolata “Storia della vita del cuculo lunare”. Per allestire lo spettacolo, secondo le indicazioni originali dell’autore, occorrono 100 attori e 60 musicisti. L’opera è un grande affresco religioso per insegnare alla gente comune e ai bambini il messaggio buddhista. Il museo, in cui sono conservate le sue ceneri, è coerede, con il Monastero Khamaryn, di quanto fu messo in salvo nel 1938, nell’imminenza delle devastazioni sovietiche, dal giovane monaco G. Tüdev che riuscì a custodire 64 forzieri, seppellendoli nei dintorni del monastero. Sul bellissimo sito Internet del museo, in lingua inglese e mongola,
www.ravjaamuseum.mn, viene offerta un’ampia panoramica di quanto è oggi conservato. Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 18. Se siete a Sainshand di mattina non perdete una funzione religiosa nel monastero Dechinchoin Khorlin, fondato nel 1991 e abitato da alcuni giovani monaci molto disponibili.

Monastero di Khamar (Khamaryn khiid)
È il santuario che Danzanravjaa costruì nel 1820, concependolo anche come luogo espositivo della sua arte, dei doni ricevuti e di una straordinaria collezione di oggetti d’arte proveniente dai luoghi più diversi. Prima dello scempio sovietico il Khamaryn khiid ospitava circa 1.500 forzieri di oggetti d’arte, in gran parte buddhista. In una sorta di catarsi mistica, fu bruciato insieme al suo corpo mummificato negli anni Trenta. Oggi al suo posto c’è un monastero ricostruito e accogliente, incentrato sulla figura del fondatore ritratto in un sontuoso arazzo. Nell’area del monastero si erge lo stupa più grande della Mongolia, alta 32 metri e pentagonale: ogni lato ospita uno dei cinque Dhyani Buddha.
Nel complesso del monastero va menzionata l'area di Shambala denominata Energhiin Tüv (Centro dell'Energia) un luogo situato, secondo Danzaravjaa, sull'arteria principale dell'energia terrestre e per tale motivo scelto dal Santo del Gobi per la fondazione del Santuario. Nell'area si possono ammirare 108 stupa, restaurati nel 2007, inoltre sono conservati 77 Sutra Kadam (antica scuola buddhista tibetana). Nella parte nord-ovest un cerchio di terra rossastra indica l'ombelico dell'energia su cui i fedeli mongoli si sdraiano e si siedono, in meditazione e preghiera. Energhiin Tüv è una meta spirituale di pellegrinaggio da raggiungere, per tradizione, alle prime luci dell'alba. Un muro-porta con gli occhi del Buddha annuncia l'ingresso dell'area e questo sguardo per i fedeli rappresenta una finestra sulla propria anima e un modo di purificarsi dei peccati, di corpo, di lingua e di pensiero. Ci si ferma e si medita davanti a questa immagine: se il cerchietto fra gli occhi del Buddha inizia a girare e a cambiare colore significa che possediamo un'energia forte e buona. Se questo non avviene siamo comunque nel posto giusto, perché abbiamo bisogno di assorbire energia. Si prosegue con un percorso liturgico prestabilito.
Un altro modo di purificarsi dei propri peccati è annotarli su un foglietto di carta e bruciarlo nella bocca-apertura del Mangasyn Khodood (lo stomaco del mostro) simboleggiato da un cumulo di pietre posto accanto al muro-porta.
La collina posta dietro il Khamaryn khiid è il monte Khanbayanzurkh, denominato comunemente Khüsliin khar uul (monte nero dei desideri), tappa obbligata del pellegrinaggio, agevolata da un sentiero disegnato sul fianco del rilievo. Percorsi i primi 100 metri si incontra un tempietto dove, accompagnati da offerte simboliche (riso, miglio, vodka, ecc.) si scrivono i propri desideri su un foglietto che va poi bruciato, concentrandosi sulla loro realizzazione. Ai piedi della collina, una statua in granito del Buddha di 4 metri osserva impassibile i viandanti.

Dune Bürdene Bulag
 Si estendono fra Sainshand e il confine cinese, in una vasta area protetta, e sono lo scenario che scorre lungo il finestrino di chi percorre questo tratto in Transmongolica. Facilmente accessibili, le dune Bürdene Bulag si staccano di una trentina di chilometri dalla strada principale, a sud di Sainshand all’altezza di Erdene. In questa oasi naturale i colori del deserto si mescolano con quelli dei prati inondati da sorgenti sotterranee (ne sono censite 108) e, sporadicamente, con quelli di una vegetazione cespugliosa. Vi sono anche dei pozzi d’acqua. Dal 1995 ospitano un presidio sanitario dove, tramite sabbiature e latte di cammella, si curano principalmente affezioni nefrologiche, urologiche e reumatiche.

Riserva naturale Ikh Nart
È situata fra i sum di Airag e Dalanjargal, dominata dalla montagna granitica Ikh Nart. Istituita nel 1996, copre un’area di circa 66.000 ettari di prateria e steppa semidesertica dove vivono animali rari quali l’argali, la capra siberiana e l’avvoltoio monaco. Offre una grande varietà di specie animali e vegetali. Molte delle sue pietre sono utilizzate in cristalloterapia. Il territorio è particolarmente ondulato e arido ma si incontrano pozzi a est ed è ricco di sorgenti a ovest; la presenza di stagni e laghetti è sporadica e legata alle stagioni. Il sito internet della riserva (www.ikhnart.com), in inglese e mongolo, è modesto ma completo.

Monte Khalzan uul
Da questa montagna a 150 chilometri a nordovest di Sainshand e una cinquantina a sud di Choir (capoluogo del Gobi-Sümber), sgorgano alcune sorgenti ritenute dai mongoli quasi miracolose. L’acqua del Khalzan uul, moderatamente radioattiva, ha un sapore aspro ed è frizzante grazie alla presenza di anidride carbonica. Al centro di cure termali ne vengono utilizzate tre tipi: un primo tipo è utilizzato per affezioni del sistema nervoso centrale e come stimolante delle riparazioni tissutali; un secondo tipo (il più richiesto) per diabete e disturbi gastrointestinali; un terzo tipo infine per affrontare problemi reumatici, nefrologici e urologici.

Roccia Senjit khad
I mongoli amano molto questa formazione rocciosa che si estende, a visibilità intermittente, per una quindicina di chilometri. La Senjit khad presenta diversi archi che, con generosa fantasia, vengono paragonati a dei manici (in mongolo khad significa roccia, senj significa impugnatura). Il riparo offerto dalle rocce lo rende un luogo fresco d’estate e protetto d’inverno ed è una zona elettiva dei pastori nomadi per la sosta invernale, come testimoniano 8 pozzi e 18 case invernali. Si trova a un centinaio di chilometri a nord di Sainshand. Proseguendo per cinquanta chilometri a nord-est si raggiunge un’altra roccia singolare di origine vulcanica, Tsonjiin chuluu, che ricorda le canne di un organo. Consigliabile solo a chi proprio deve passare di lì.

Alberi pietrificati di Süikhent
In questi luoghi il paleontologo e scrittore di fantascienza russo Ivan Antonovič Efremov, creatore della tafonomia (modalità di formazione di un fossile), condusse buona parte dei suoi studi che gli valsero onori e fama. Süikhent non è l’unica area di piante fossili del Gobi ma è la più vasta, un’impressionante concentrazione di antichi alberi pietrificati sul deserto, o addirittura sotto il deserto, duecento chilometri circa a sud-ovest di Sainshand su piste molto impegnative.
La formazione è lunga mezzo chilometro e ampia 80 metri. I tronchi sarebbero alti fino a venti metri con un diametro medio di un metro e mezzo, misure a volte arrotondate dal passaggio di disonesti profittatori. Si auspica che l’atto dichiarativo di zona protetta possa preservarli da altri saccheggi. La caratteristica di questi alberi è l’eccezionale visibilità dei particolari anatomici quali radici, corteccia, rami e persino i cerchi annuali di accrescimento.

Riserva Naturale Ergheliin Zuu
È una delle riserve più ricche di ritrovamenti di dinosauri (scheletri, fossili e uova pietrificate), un’eredità a cui hanno attinto scienziati del calibro di Roy Chapman ed Efremov. Nella visita occorre essere accompagnati da una guida. Le autorità sono molto attente ad assicurarsi che i viaggiatori non prelevino eventuali reperti ritrovati sul terreno.
Un osso di dinosauro sarebbe indubbiamente un souvenir originale ma appartiene alla Mongolia e c’è un divieto rigoroso all’esportazione (all'aeroporto i controlli sono severi). Una cinquantina di chilometri a sud dell'Ergheliin Zuu, proprio sul confine cinese e con una condivisione con l’aimag dell’Ömnögobi, si apre la parte B dell’area strettamente protetta del piccolo Gobi, rifugio del khulan, l’asino selvatico antenato dei nostri asini domestici. Attualmente i khulan vivono anche in Turkmenistan e in India, ma è in Mongolia che se ne concentra il maggior numero (diecimila) e solo in questa zona protetta ne vivono la metà.

Zamyn-Üüd
Zamyn-Üüd è una piccola città che vive grazie al treno: è l’ultimo avamposto mongolo prima del cambio di scartamento ferroviario per la Cina, oltre a essere la città più calda e più “cinese” della Mongolia. Molti i ristoranti e gli alloggi, per far fronte anche alla richiesta dei cinesi di passaggio. Spesso le sabbie del Gobi portate dal vento ricoprono le strade e per questo motivo si è dato inizio a un’opera di piantumazione di alberi per costruire una barriera al deserto.

Testo di Federico Pistone e Dulamdorj Tserendulam