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Una fragile meraviglia da difendere a ogni costo

La Mongolia come l'Africa. Anzi di più. Sedici ecoregioni, contro le 10 del Kenya e le 7 del Madagascar, considerate per antonomasia paradisi degli animali. Uno scenario unico al mondo: spazi immensi, che possono apparire un concentrato di “nulla” a un visitatore distratto, sono invece ricchissimi di vita animale e vegetale molto diversificata. Con aspetti perfino drammatici: il numero dei medi e grossi mammiferi in pericolo di estinzione in Mongolia equivale a quello di tutti i Paesi dell'Africa subsahariana. Ma negli ultimi anni molto si sta facendo per preservare questo ambiente straordinariamente bello e prezioso.
Esistono territori inesplorati, dove è ancora possibile la scoperta di specie sconosciute. È il caso del recente ritrovamento di 22 nuove specie vegetali, avvenuto sulla remota catena montuosa dell’Altai, le famose montagne d’oro che formano un confine naturale fra l’ovest della Mongolia, la Cina, la Russia ed il Kazakistan. A un ricercatore italiano è bastato il campionamento di 18 pozze durante una vacanza da eco-turista per scoprire 6 nuove specie di crostacei di acque interne, del tutto sconosciute alla scienza. In Mongolia è più facile incrociare animali che uomini: potrete avvistare le grandi greggi dei pastori (formate soprattutto da yak e altri bovini, ovini, cavalli, cammelli), ma anche specie selvatiche e quasi mitologiche, come il leopardo delle nevi, l'argali, l'orso del Gobi, il gatto di Pallas,il cavallo Takhi, il cammello battriano, la volpe corsac, i cervi wapiti o le gazzelle della Mongolia.
Il Mongolo, individuo nomade per eccellenza, è intimamente legato alla natura e la rispetta non solo per convenienza (sa che la sua vita dipende da lei), ma per convinzione quasi religiosa e per antichissima consuetudine. In quella che è considerata la prima “Costituzione” mondiale, il Codice di Leggi emanato da Chinggis Khan, la protezione dell’ambiente è in primo piano con un anticipo di mezzo millennio rispetto ai nostri tardivi tentativi di salvaguardia della natura. Il Codice comminava addirittura la pena di morte per chi recasse danni ai terreni e alle praterie con scavi non autorizzati, oppure per chi appiccava un incendio. Era inoltre vietato lavare dentro al fiume (o gettarvi qualcuno dentro!), una precauzione antinquinamento di stretta attualità e indubbiamente molto saggia. Non a caso, la prima area protetta del pianeta è stata istituita proprio in Mongolia, nel 1778: il Bogd Khan National Park. Un viaggio in Mongolia è un ritorno all’infanzia del mondo, ed è proprio la natura quasi intatta che affascina la maggior parte dei viaggiatori.  Purtroppo non tutti gli stranieri, e non tutti i mongoli, si accontentano di ammirare questo meraviglioso spettacolo: le battute di caccia e di pesca che si organizzano con sempre maggiore frequenza stanno impoverendo la fauna mongola, in certi casi portando addirittura al rischio di estinzione di intere specie animali.
Nell'ultimo ventennio è cresciuta un'ulteriore minaccia per l’ambiente e la biodiversità della Mongolia: il passaggio da un sistema socialista centralizzato a un libero mercato sviluppato a partire dagli anni 90 è stato così rapido che molti processi socio-economici sono sfuggiti a una regolamentazione che garantisse una piena sostenibilità. Tra questi ultimi, il mercato del cashmere è tra quelli che ha conosciuto il maggiore sviluppo. La Mongolia è il maggior esportatore di cashmere al mondo, seconda soltanto alla Cina. I pastori nomadi, incentivati dalle prospettive di guadagno, aumentano esponenzialmente il numero delle capre da cashmere, che rappresentano però la specie forse più devastante per l'ambiente: uno spettro trofico più ampio le rende meno selettive nella scelta del cibo mentre la capacità di superare ogni dirupo o parete rocciosa permette di raggiungere qualsiasi ambiente provocando un impatto negativo.
Nel corso dei due ultimi decenni il numero delle capre si è triplicato e il conseguente sovrapascolo, soprattutto nelle zone aride di semideserto o in alta montagna, ha generato uno spopolamento progressivo degli ungulati selvatici con conseguenze a cascata su tutta la comunità animale. Il simbolo di questa trasformazione è il leopardo delle nevi, a rischio di estinzione perché costretto a vivere in territori sempre più ampi e meno densi di individui appartenenti alla propria specie.
Oggi la “red list” degli animali in pericolo è a quota 21. Alcune agenzie organizzano dei grotteschi safari con uccisione preda garantita: per abbattere un lupo, simbolo stesso della libertà mongola, si chiedono 500 dollari, per far fuori una delicata gazzella dalla coda bianca ne bastano 350, per un ibex si arriva a 1.500. Una caccia all’orso di sette giorni costa meno di tremila dollari, per una decina di giorni di caccia all’argali si arriva a 43.000 dollari. Gli allarmi lanciati dalle associazioni ambientaliste hanno recentemente convinto il governo della Mongolia che permettere agli occidentali la caccia indiscriminata non sia un buon investimento per il Paese. Una normativa entrata in vigore nel 1995 regolamenta in senso restrittivo la caccia e impone controlli alle frontiere e nel 2002 il Parlamento mongolo ha approvato una legge che protegge il patrimonio faunistico e floreale mentre negli ultimi anni sono state introdotte pene severe per chi non rispetta l'ambiente e gli animali e sono stati inaugurate nuove aree protette, in particolare per il leopardo delle nevi. Ecco una breve scheda per ogni tipo di animale raro che ancora si può incontrare sul territorio mongolo.

Testi di Mara Tamburino e Federico Pistone per mongolia.it (foto di Federico Pistone)