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Arkhangai, la magia verde

C’è l’essenza della Mongolia in questa regione verde di steppa, interrotta da laghi, fiumi pescosi, foreste, vulcani e importanti testimonianze del passato. L’Arkhangai attira i nomadi per l’eccellente latte di cavalla fermentato (airag), per le piogge intense e preziose (oltre 350 millimetri l’anno) e per l’abbondanza di pascoli: solo in questa regione, popolata da circa centomila uomini, si muovono oltre un milione e mezzo tra ovini e bovini. Il nome della regione significa Khangai del nord, con riferimento alla catena montuosa che attraversa queste regioni e culmina con gli oltre 3.500 di quota dell’Angarkhai. I viaggiatori sono attratti soprattutto dal Terkhiin Tsagaan nuur, un lago romantico all’ombra del suggestivo vulcano Khorgo. Cime montuose spesso imbiancate fanno da cornice al piacevole capoluogo Tsetserleg (giardino), quasi ventimila abitanti, 424 chilometri a ovest di Ulaanbaatar. Non è solo un punto d’appoggio per esplorare le bellezze dell’aimag, ma l’occasione per visitare una città con un carattere deciso rispetto ad altre località più anonime. Da non perdere il museo dell’Arkhangai, situato all’interno del monastero Zayan Ghegheenii, edificato nel 1586 e ampliato nel XVII secolo fino a ospitare mille monaci e otto templi: è uno dei pochi edifici sacri antichi risparmiato dal governo filosovietico di Choibalsan. Nel museo si può rivivere una tipica giornata di un nomade mongolo, scandita dall’uso di tutti i suoi accessori tradizionali; in una sala specifica sono invece esposti oggetti del buddhismo lamaista. Dirigendosi verso la collina (monte Bulgan) si incontra un grazioso tempio che sembra incastrato in verticale nella montagna e, sulla parete rocciosa, i dipinti del maestro buddhista Tsong-kha-pha che, incuranti dell’azione erosiva degli elementi, appaiono ancora chiari e vividi, soprattutto dopo la pioggia. La composizione di queste vernici è tuttora sconosciuta. Da qui, nei pressi di una statua in metallo dedicata alla capra, si può ammirare un suggestivo panorama.

Öghii nuur (lago Öghii)
Sulla strada principale fra Tsetserleg (distante 150 chilometri) e Ulaanbaatar (400 km), a nord di Kharkhorin, si incontra il lago Öghii, semplice e raccolto, 25 kmq, regno di 14 specie di pesci (persici, lucci, ciprinidi e lenok) e numerose specie di uccelli fra cui spiccano oche cignoidi e pellicani: un vero osservatorio privilegiato per il birdwatching, grazie al passaggio (ad aprile) di molte specie migratorie, attirate dal lussureggiante biosistema acquatico. La pesca è vietata dal 1° aprile al 15 giugno, come altrove. Pochi chilometri a sud del lago si ammirano due tra le più preziose steli turche presenti in Mongolia: Bileg Khan e Kultegun. Risalgono all’VIII secolo, hanno una dimensione di circa 3,30 metri d’altezza per 1,30 di ampiezza e riportano iscrizioni in antico turco e cinese, dedicate ai due khan turchi che hanno guidato la Mongolia dal VI all’VIII secolo. Furono scoperte dall’esploratore russo Yadrintsev nel 1889; una loro copia è esposta al Museo nazionale di storia naturale di Ulaanbaatar.

Khar Balgas, antica capitale uigura
Siamo nel cuore dell’antico impero uiguro e Khar Balgas (una quarantina di chilometri a sud dell’Öghii e altrettanti a nord di Kharkhorin) è quel che resta dell’antica capitale di questa importante etnia di origine turca, che quattro secoli prima dell’avvento di Chinggis Khan ha dominato la Mongolia con saggezza, civiltà e sensibilità artistica dando origine anche all’alfabeto mongolo, ma finendo spazzata dai kirghisi nell’840.
Gli uiguri vivono oggi nella regione cinese dello Xinjiang, suddivisi in una cinquantina di gruppi etnici. Come la vicina Kharkhorin, i resti di Khar Balgas evocano profonde emozioni storiche. Costruita sul leggendario fiume Orkhon nel 751, la città era un passaggio obbligato per le carovane e ha conservato un settore delle mura esterne dominate dagli stupa e qualche rovina da scovare nella campagna circostante. Sono state individuate tracce di un sistema di distribuzione idrica che canalizzava verso Khar Balgas le acque di sorgenti lontane diversi chilometri.

Sito archeologico e sorgente Tsenkher
Nella zona di Tsenkher, circa venti chilometri a sud del capoluogo Tsetserleg, sono stati portati alla luce siti archeologici paleolitici datati fino a 40.000 anni fa. Sempre a Tsenkher ci si può rilassare alle sorgenti calde, una gettata di 10 litri al secondo e una temperatura che arriva a 86°, cosicché molti mongoli ne approfittano per prepararsi un uovo bollito. Delle discutibili condutture a vista, che contrastano bruscamente con la bellezza del luogo, portano l’acqua termale ai tre campi gher circostanti, alimentando bagni, docce e piscine. Dicono sia un’acqua benefica alle affezioni più varie, una sorta di panacea utile in caso di reumatismi, dolori muscolari, dermatiti, diabete, nonché al sistema nervoso e al sistema digestivo. Non è l’unica sorgente intorno a Tsetserleg ma è la più importante. Altre sorgenti che meritano una menzione sono Shivert, Bor tal, Gyalgar e Tsagaan Sum.

Riserva Naturale Bulgan uul
Le verdi montagne di Bulgan uul che ombreggiano Tsetserleg sono riserva naturale dal 1965 grazie al loro ricco patrimonio di fauna (soprattutto uccelli) e flora, con ampie foreste di larici. Fanno da spartiacque a un ramo del Tamir, coprendo un’area di 1840 ha e sono il punto più a nord (khoimor) di Tsetserleg che, come in una gher, rappresenta il luogo più nobile. In questa località sono state ritrovate incisioni rupestri risalenti all’età del bronzo.

Roccia sacra Taikhar Chuluu
 Questa roccia granitica (una ventina di chilometri a ovest di Tsetserleg) resta un mistero per i geologi. Piantata nel bel mezzo della steppa, si innalza come un tartufo per 25 metri senza una logica apparente. Una nuda bacheca millenaria con più di 150 scritte, vessate dal tempo e databili dal VII secolo in poi, in turco, uiguro, mongolo, tibetano, manchu e cinese. I mongoli la considerano sacra e misteriosa e vi si recano in pellegrinaggio offrendo doni, pregando e legando sciarpe azzurre (gli khadag). Vi sentirete come di fronte a una cattedrale sciamanica. Secondo una leggenda, la roccia è stata scagliata dal gigante Taikhar per schiacciare un terribile serpente che faceva strage di uomini e animali, da cui il nome della roccia.

Fiume Tamir
Tre fiumi in uno. Il Tamir ha un carattere selvaggio, le acque sono in eterno movimento e disegnano percorsi sempre diversi, spesso scartando sui lati e formando improvvisati corsi d’acqua. Più che di Tamir bisognerebbe parlare “dei” Tamir, perché appunto sono tre i fiumi battezzati con lo stesso nome: il Tamir, il Tamir settentrionale e il Tamir meridionale, in totale 280 chilometri di acque turbolente. Tutti partono dai monti Khangai, lambiscono Tsetserleg e confluiscono nell’Orkhon. Il particolare ecosistema creato dal fiume offre scenari singolari e suggestivi, con rive acciottolate e pioppi secolari, tanto che ha ispirato moltissime canzoni, è il fiume più cantato dai mongoli, nonché uno dei romanzi storici più famosi Tungalag Tamir (Tamir trasparente) di Ch. Lodoidamba, che ha arricchito la lingua mongola con molti dei suoi personaggi e delle sue espressioni.

Fiume Khanui
La culla degli Unni. Secondo alcuni studiosi lungo l’ansa del fiume Khanui sarebbe nata la dinastia di Attila. In attesa di responsi più precisi, resta comunque la suggestione di un territorio di bellezza selvaggia, punteggiato da ritrovamenti storici rilevanti. Non lontano dal villaggio di Khairkhan si possono incontrare tombe unne e il monumento uiguro Troyan khan, risalente al IX secolo. Quaranta chilometri a est del fiume sorge il villaggio di Erdenemandal, punto di partenza per visitare le rovine di Khar Khul (risalenti al XVI secolo) e l’antica stele raffigurante cervi di Baruuntsuur.

Fiume e canyon Chuluut
La lava eruttata dal Khorgo ha creato il letto di basalto del fiume Chuluut, che nasce dai monti Khangai e, dopo 415 chilometri, si innesta nel grande Selenghe prima di attraversare la Siberia ed entrare nel mare Artico. Il Chuluut forma canyon incantevoli che possono essere attraversati a piedi con una o più giornate di trekking moderatamente impegnativo: lungo il percorso si possono scorgere i pesci accarezzati dalla corrente e antiche scritture incise nella roccia. Dal Terkhiin Tsagaan nuur nasce il fiume Suman che, alla confluenza con il Chuluut, forma diverse cascate tra cui la Choidogiin Borghio: un salto di pochi metri che permette però di osservare a occhio nudo il rocambolesco passaggio dei pesci.

Vulcano Khorgo e lago Terkhiin Tsagaan
Il vulcano Khorgo è uno dei vulcani più giovani della Mongolia e durante la sua ultima eruzione, avvenuta 9.000 anni fa, si sarebbe formato il lago, con un ramo del fiume Terkh. Per salire fin sull’orlo del vulcano, a circa 2.200 metri di quota, si parte dal villaggio di Tariat (c’è anche un piccolo hotel), subito a sud del Terkhiin Tsagaan nuur. Da lì si snoda una piacevole passeggiata di un quarto d’ora su un pavimento di basalto. Giunti in cima si può sbirciare nell’impressionante cono di 200 m di diametro (è estinto, ma mette un po’ i brividi) o liberare lo sguardo verso le valli dell’Arkhangai. È possibile anche scendere in fondo al cratere prestando attenzione a non franarci dentro. Una leggenda locale vuole che da questo vulcano siano nati tutti i venti del mondo. Insieme al lago Terkhiin è dal 1965 un’estensione protetta di 773 Kmq, un’area naturale contrassegnata da spaccature di basalto, pini siberiani, caverne e altri vulcani inattivi.
Chi non ha molto tempo a disposizione spesso inserisce nell’itinerario il Terkhiin Tsagaan nuur quasi come un’alternativa all’escursione verso il più remoto Khövsgöl. Ma l’unico elemento in comune è che si tratta di due splendidi laghi. Il Terkhiin Tsagaan nuur è quaranta volte più piccolo dell’Khövsgöl (circa 16 chilometri per 20, contro i 134 per 39 dell’Khövsgöl) è molto meno profondo (dai 4 ai 10 metri, mentre l’Khövsgöl affonda fino ai 263 metri) e ha una vegetazione certamente meno fitta. Ma è il contesto a suggerire la visita di entrambe le mete. Il Terkhiin Tsagaan nuur è poggiato su un letto di lava a circa duemila metri di quota, all’ombra del vulcano Khorgo e chiuso a sud dal fiume Terkh: da qui il nome che significa “il lago bianco del fiume Terkh”. Attenzione a non confonderlo sulla mappa con gli altri innumerevoli Tsagaan nuur sparpagliati ovunque. D’estate non è una follia provare a immergersi nelle acque fresche e cristalline: proverete l’emozione di nuotare insieme a temoli, lenok e lucci, che qui abbondano grazie alla tutela ambientale e al clima che non favorisce la pesca e di conseguenza non fa parte delle abitudini mongole. Tale abbondanza sta correndo dei rischi a causa dell’oca nera pescatrice, un ibrido creato in Cina come strumento di pesca alternativo al cormorano, un esperimento infausto che ha creato problemi in Cina ed ora li sta creando in Mongolia. Si possono incrociare molti animali bradi, come cervi rossi, cervi siberiani, cinghiali, anatre e cormorani giganti. Nella seconda settimana di giugno si celebra il festival dello yak. Suggestivi campi gher crescono a vista d’occhio, alcuni proprio sulla riva, sistemazione ideale per improvvisare agevoli escursioni sulle colline circostanti.

Parco Noyonkhangai
Questa affascinante area a ovest sud del Terkhiin Tsagaan nuur è parco nazionale dal 1998 ed è molto difficile da raggiungere persino in fuoristrada, soprattutto quando piove e le piste si trasformano in pantano. Pochi sono i viaggiatori che si spingono fin al Noyonkhangai e questa è una garanzia di habitat intatto e di piante e animali rari facilmente avvistabili. A nord est si apre un altro parco naturale, condiviso con l’aimag di Zavkhan: Tarvagatain. Qui nasce il Selenghe, il fiume più lungo della Mongolia, che scorre attraverso valli incontaminate.

Testo di Federico Pistone e Dulamdorj Tserendulam