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Dornod, tra Russia e Cina

Propaggine orientale della Mongolia, in bilico sui confini cinese e russo, è la regione alla quota più bassa, con la media di 750 metri sul livello del mare e il punto inferiore ai 550 metri del Khökh nuur (da non confondere con l’omonimo lago di Chinggis Khan). È anche una delle zone meno frequentate dai viaggiatori. Chi si avventura nel Dornod non sottovaluti la scarsa presenza di distributori di carburante e l’estrema difficoltà a orientarsi dentro questo mare d’erba infinito, piatto e sempre uguale.
Gran parte del territorio è occupato dalla Menenghiin Tal, una pianura sterminata dove si muovono immensi branchi di antilopi e animali selvatici. Nella regione sono presenti numerose aree protette e alcuni siti di memoria antica (rovine Kitan) e recente (siti della guerra contro i giapponesi del 1939). Lungo tutto il territorio di Choibalsan si dipanano i seicento chilometri di quello che è stato ribattezzato il “muro di Chinggis Khan”, utilizzato dai cinesi nel tentativo di rintuzzare gli assalti delle orde mongole.
La costruzione è piuttosto suggestiva e può essere seguita per alcuni chilometri partendo dal villaggio di Gurvanzagal. Choibalsan, il capoluogo dedicato al piccolo Stalin mongolo, è stata costruita dai sovietici come avamposto nel secondo conflitto mondiale e dopo il crollo del comunismo è stata abbandonata a se stessa. Oggi ha 38.000 abitanti, la metà dell’intera regione. Le uniche risorse sono una ferrovia (un paio di corse alla settimana per raggiungere il confine russo) e la miniera di uranio di Mardai, un centinaio di chilometri a nord del capoluogo. L’attività estrattiva ha avuto vita breve, solo cinque anni dal 1985 al 1990: da qui l’uranio finiva sulle testate nucleari sovietiche ma presto la miniera fallì e centinaia di operai russi e mongoli restarono senza lavoro.
Oggi Mardai è una città fantasma e gli edifici minerari sono occupati da famiglie mongole che hanno abbandonato il nomadismo. Choibalsan però è collegata a Ulaanbaatar (655 chilometri) da tre voli settimanali: l’aeroporto, otto chilometri dalla città, sorprende per il suo aspetto moderno, retaggio della base militare sovietica. A Choibalsan si trovano sistemazioni confortevoli e spartane, dei discreti ristorantini, un mercato, un supermercato, qualche locale notturno.
Un chilometro a ovest dal centro si ammira il più spettacolare dei numerosi monumenti presenti nel Paese sull’amicizia fra mongoli e sovietici: un guerriero a cavallo sguaina la spada affiancato da un carrarmato. Bello il monastero Danrig Danjaalin (oggi ospita una decina di monaci), edificato nel 1840, popolato da una fitta comunità di religiosi (circa 800) e chiuso, ma non distrutto, nel 1937. Un pentolone poteva cuocere montone per 500 commensali. Lo si può ancora ammirare nel museo dell’aimag che custodisce anche oggetti legati al despota Choibalsan e rare fotografie.

Rovine Kherlen Bars Khot
Siamo nel sum di Tsagaan-Ovoo, sulla riva sud-est del lago Baruun Döröö. Questa zona protetta dal governo mongolo dal 1971, novanta chilometri a ovest di Choibalsan, era il centro religioso dello stato dei Kitan (dal IX all’XI secolo), come testimoniano i numerosi ritrovamenti di statuette buddhiste nonché lo stile architettonico delle torri, proveniente dall’India; era sicuramente anche una base militare, considerate le tracce di un possente muro di cinta e la posizione geografica.
Dalle rovine si intuiscono tre città fortificate, ribattezzate Kherlen Bars Khot, utilizzate dal grande impero mongolo di Chinggis Khan. Cosa resta? Nella prima città le rovine di quattro templi, alcuni stupa, il piedestallo di quattro statue e le rovine di due torri una delle quali, crollata negli anni ’40, era di sette piani per un’altezza di 22 metri. Dal 2012 sono iniziati dei lavori di restauro.

Pianura Menenghiin tal
Immaginate un oceano di steppa pura completamente vuoto. Poi immaginate decine di migliaia di gazzelle e altri animali selvatici che attraversano questa pianura in uno spettacolo di transumanza unico al mondo.
La vista si smarrisce e muta percezione dinanzi a questo spazio sconfinato, suggestione descritta dal poeta mongolo B. Yavuukhulan (1929-1982): “Che strano vedere una yurta / lontana giorni di viaggio / Che strano il sorgere del sole / a una distanza uguale al lancio di un lazo”. Questa è area strettamente protetta dal 1992 e rappresenta il territorio stepposo più ampio del pianeta, interrotto solo per sette chilometri quadrati dal lago salato Sanghiin Dalai. Raggiungere la Menenghiin tal non è difficile: comincia subito a est della città di Choibalsan.
Il problema è sapersi orientare, sopportando le durissime piste che il terreno offre. Il sum di Matad, ove si trova la pianura, è anche noto per aver dato i natali a Tsendiin Damdinsüren (1908-1986) scrittore e linguista amatissimo dai mongoli.

Lago Buir
 Un lago che comincia in Mongolia e finisce in Cina, o viceversa, non promette bene. Infatti non sono rare le dispute fra pescatori dei due Paesi che si contendono la pregiata fauna ittica di questo luogo da favola; un ulteriore problema è l’eutrofizzazione, monitorata in anni recenti. L’equilibrio del lago è strettamente legato ai fiumi Khalkh e Orshuun, l’uno immissario e l’altro emissario. Questa importante riserva di acqua dolce si trova nel sum di Khalkhgol, è il lago più grande della Mongolia orientale (615 chilometri quadrati, la profondità raggiunge i 50 metri) ed è fuori da ogni rotta turistica. In fuoristrada da Choibalsan (285 chilometri) occorre calcolare almeno una giornata di viaggio per raggiungere il Buir nuur, sempre che un acquazzone non cambi l’orografia del paesaggio e vi costringa a soste forzate, non necessariamente spiacevoli. Per la cronaca, il lago è un allevamento di zanzare. Una trentina di chilometri a est, per i patiti degli eventi bellici, c’è uno dei campi di battaglia più celebrati dai mongoli, il Nomonkhan, nella valle di Khalkhyn. Le truppe mongole appoggiate da quelle sovietiche riuscirono a infliggere all’esercito giapponese una durissima sconfitta che compromise il disegno nipponico di annettere Manciuria e Siberia.

Complesso Ikh Burkhant
Il sito Ikh Burkhant si trova nel sum di Khalkhgol, 90 km a sud di Buir nuur e rappresenta per i mongoli una delle mete di pellegrinaggio più importanti. Si può ammirare una gigantesca statua (30 metri per 26) distesa sul versante dolcemente inclinato di una collina che le fa da cuscino. È un monumento a Janraiseg (versione mongola di Avalokitesvara) rappresentato con otto braccia a protezione di otto pericoli, tenuti nel palmo delle mani.
L’opera fu costruita negli anni 1859-1864 da un nobile signore della zona, Bat-Ochiryn Togtokhtör (comunemente denominato To Van), a protezione apotropaica del luogo dopo un periodo di grandi calamità naturali ma anche come misura economica, per evitare la fuga di doni e offerte verso altri luoghi sacri e lontani. La statua è circondata da due cornici, quella più esterna di 220 per 97 metri. All’interno delle cornici un mosaico di pietre recita una breve preghiera buddhista che inizia con il mantra “Om mani padme hūm”.
Tutti intorno, 12 stupa e 20 statue in pietra, lavorate con tecnica sconosciuta. Le opere sono sopravvissutea indenni alla battaglia di Khalkhgol del 1939 con l’esercito giapponese, grazie alla grande comunanza del pantheon buddhista mongolo e giapponese. Il complesso è stato restaurato negli anni ’95-’97 e inaugurato liturgicamente con una cerimonia religiosa nel 1997.

Area protetta Dornod Mongol
L'enorme riserva Dornod Mongol, chiamata anche “steppe orientali”, si estende per duecento chilometri lungo il confine cinese e per una cinquantina all’interno delle steppe mongole, fino a occupare un lembo della regione di Sükhbaatar.
In quest’area, monitorata costantemente per mantenere un equilibrio faunistico, è teoricamente proibito l’ingresso ai visitatori sprovvisti di un permesso speciale che però viene concesso solo in caso di partecipazione a progetti di salvaguardia ambientale.

Area protetta Nömrög
È la propaggine più orientale della Mongolia, circondata dalla regione cinese della Mongolia interna. Questa era una zona di rigogliose foreste ma dopo un sistematico abbattimento (la vicinanza della Cina è stata fatale) il territorio boscoso (betulle, pini e salici) si è molto ridimensionato. Resta comunque una zona affascinante e quasi completamente popolata da animali endemici, come l’alce ussuri, preda purtroppo di troppe battute di caccia organizzate da occidentali.

Riserve naturali monte Ugtam e Yakhi nuur
A sud della miniera di Mardai si aprono queste due aree protette distanti una ventina di chilometri e quindi possibili mete di uno stesso itinerario. Il monte Ugtam e il gemello Khairkhan rappresentano uno spartiacque tra foreste a nord e steppe a sud. La riserva dello Yakhi nuur consiste esclusivamente del lago e delle sue rive.

Riserva naturale Mongol Daguur
Si compone di due aree distinte, per un totale di 1.081 kmq: la prima e la più grande è una steppa collinosa a sud del lago Baruun Taryn, adiacente al confine russo; la seconda è una pianura alluvionale del fiume Ulz. Entrambe le aree hanno una speciale importanza per la nidificazione e il transito di uccelli migratori acquatici e non, di cui sono censite 260 specie. La riserva è inclusa fra le zone umide di importanza internazionale ed è area protetta dal 1992. Anche se il popolo del cielo si è ridotto drasticamente negli ultimi anni (a causa della caccia e dei cambiamenti climatici), qui è facile osservare le più rare specie di gru, tra cui quella siberiana e manciuriana. È anche il territorio dove vive il meraviglioso Pallas, considerato il progenitore di tutti i gatti a pelo lungo del mondo. Intorno al Mongol Daguur, ci sono due elementi paesaggistici “azzurri” (khökh). Il primo è il Khökh nuur, da non confondere con l’omonimo lago del Khentii sulle cui rive Chinggis Khan fu incoronato imperatore. Quest’altro “lago azzurro” si trova a pochi chilometri dalla strada principale ed è famoso per essere il punto più basso di tutta la Mongolia, ufficialmente 552 metri sul livello del mare. Più a nord, in comproprietà con la Siberia vera e propria, c’è il Khökh uul (monte azzurro), alto poco più di mille metri, quindi molto più basso rispetto alla capitale Ulaanbaatar.