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Khentii, la foresta di Chinggis Khan

È una regione meravigliosa, comoda da raggiungere e raramente inserita negli itinerari classici soprattutto per chi visita la Mongolia per la prima volta. Il motivo forse va cercato in un equivoco di fondo: le guide che descrivono il Khentii lo segnalano esclusivamente per il legame con Chinggis Khan. Qui nacque (forse), qui fu incoronato imperatore (forse), qui venne sepolto (forse) insieme ai tesori, ai cavalli e alle donne. Ma al di là di queste evocazioni storiche, indubbiamente suggestive, resta comunque una zona paradisiaca di boschi e specchi d’acqua in fila lungo il Khentii, la catena montuosa (non oltre i duemila di quota, salvo il picco del Khentii khan di 2.350 metri) che dà il nome alla regione. A offrirci le coordinate della storia di Temujin è la “Storia segreta dei mongoli”, il libro scritto pochi anni dopo la sua morte e probabilmente ritoccato a più riprese, a volte anche per motivi di interesse campanilistico, come affermano gli stessi studiosi mongoli. Nel Khentii ci sono diverse statue che celebrano il grande condottiero mongolo, ma le ipotesi sui luoghi veri del suo passaggio sono ancora allo studio di storici, di scienziati e di spedizioni ipertecnologiche interessati soprattutto alla tomba e al favoloso tesoro di Chinggis Khan.
Per fortuna, fino a oggi, le ricerche sono ancora a un punto morto, anche se viene sistematicamente annunciata la scoperta del sepolcro, poi puntualmente smentita. Del resto il desiderio, anzi l’ordine, del khan era quello di poter riposare in santa pace. E quando la tomba verrà scoperchiata la Mongolia perderà il suo mistero più grande e forse l’ira di Chinggis Khan tornerà a colpire. Un po’ come fece Tutankhamon con lo staff di Carter, reo di aver scoperto il suo sepolcro. Sugli archeologi si abbatté la maledizione del faraone: in pochi mesi tutti i componenti della spedizione morirono per cause drammatiche e misteriose.
Naturalmente non è un augurio quello lanciato dai mongoli, ma un avvertimento. Nel vano tentativo di scoprire la sepoltura di Chinggis Khan sono state rinvenute in tutto il territorio della regione migliaia di tombe antiche, generalmente tumuli di pietra risalenti all’epoca degli unni ma anche dell’età del bronzo, oltre a una serie impressionante di incisioni dell’età della pietra. Il Khentii è popolato, oltre che da khalkh, da buriati stanziali che vivono prevalentemente in baracche di legno piuttosto che nelle gher di feltro, anche se le tende vengono preferite d’inverno perché più resistenti al freddo. Il Khentii potrebbe rappresentare un itinerario a sè, dai cinque ai dieci giorni, partendo e tornando a Ulaanbaatar. Il capoluogo è Öndörkhaan, facilmente raggiungibile da Ulaanbaatar grazie a un’ottima strada (la millennium road) o a cinquanta minuti di aereo. Non c’è molto da vedere o da fare, ma si trova lo stretto necessario: qualche hotel, ristorantini, negozi, mercati, ufficio postale, teatro, due musei (etnografico e cittadino, dove si può ammirare un’armatura del XIII secolo) e il Gündgavirlan khiid, risalente al 1660, prima scuola buddhista in Mongolia.
Chiuso negli anni Trenta e poi quasi completamente distrutto nel dopoguerra, il monastero è oggi dinamico, ospita una decina di monaci ed è aperto a fedeli e viaggiatori. In centro, inaugurata nel 2003, non poteva mancare una statua a Chinggis Khan. Ma il vero Khentii è molto più a nord di Öndörkhaan, verso il confine con la Siberia. Occorre quindi uscire dalle strade asfaltate e monotone e avventurarsi tra le piste più sofferte, ricordando però che in estate anche un breve acquazzone può scompaginare tutti i piani di viaggio, ingrossando uno dei settanta fiumi che attraversano il Khentii, tra cui i leggendari Onon e Kherlen.

Area protetta Khan Khentii
La particolarità di quest’area, che occupa la parte centrale della catena Khan Khentii e attraversa tre aimag per un’area di 12.270 kmq, sono le precipitazioni particolarmente copiose. Il clima e le cime ghiacciate dei monti alimentano molti fiumi, fonti termali e fitte foreste dall’insolito condominio di rocce e paludi, difficilmente attraversabili. Questo angolo sperduto tra Mongolia e Siberia potrebbe essere la zona dove è sepolto Chinggis Khan e comunque la montagna Burkhan Khaldun è stata frequentata e magnificata a più riprese dal condottiero, secondo la testimonianza della Storia segreta. I mongoli hanno disseminato questa zona con ovoo votivi per il loro “dio condottiero”. (foto 1, la congiunzione dei fiumi Onon e Kherulen, dove Gengis Khan fu battezzato, di Federico Pistone)

Lago Khökh nuur
Se abbandonate la millennium road per Öndörkhaan all’altezza del villaggio di Tsenkhermandal, in un’ora di pista verso nord incontrerete il Khökh nuur, lago blu. Per non essere fraintesi è consigliabile, come fanno i mongoli, denominarlo Khökh nuur del monte Khar zurkh (Khar zurkhni Khökh nuur) per distinguerlo dagli omonimi. Una meta gradevole, impreziosita dai ricordi storici che qui aleggiano: davanti a mille cavalieri, ottocento anni fa, Temujin venne incoronato in questo luogo Chinggis Khan, traducibile grosso modo in “imperatore grande come un oceano”.
Il lago è di dimensioni modeste ma molto suggestivo, incorniciato da erba e canne. Sulla riva del lago, in occasione dell’840° anniversario di Chinggis Khan (2002), è stato creato un originale giardino monumentale ad arco di cerchio. Lungo l’arco si ergono, come totem, 37 sculture in legno dei re appartenenti alla stirpe del grande condottiero.
Dinanzi ad ogni statua se ne può leggere la storia, in mongolo e in inglese. Al centro dell’area si stagliano quattro grandi lastre di pietra con epigrafi in Mongol bichig e i bassorilievi dei volti di Chinggis Khan, dei suoi genitori e di sua moglie. Infine, come a difesa del giardino, vi è una porta in legno e le statue dei nove fidati generali di Chinggis Khan, fertile fonte di storie e leggende mongole. (foto 2, Kokh nuur, dove Gengis Khan è stato incoronato imperatore, di Federico Pistone)

Monastero Baldan Baraivan khiid
Dinanzi alla sacra vista del monte Mönkh Ölziit e non lontano dal Khökh nuur, il monastero di Baldan Baraivan è stato il luogo religioso più importante dell’est della Mongolia. La fondazione dei primi edifici risale al 1777 mentre il tempio principale, lo Tsogchin Bileg Ölziit, fu eretto nel 1813. Il monastero, costruito secondo i principi e l’estetica della geomanzia sciamanica e buddhista, nel suo massimo splendore accoglieva 4 scuole, 20 templi per le preghiere quotidiane ed era frequentato da 5/6.000 monaci. Attualmente sono rimasti tre templi restaurati, frutto di un progetto incompiuto. All’intorno numerose statue, epigrafi religiose e incisioni su roccia e pietra con immagini del pantheon buddhista.

Binder
Uno dei millantati luoghi di nascita di Chinggis Khan, sulla confluenza dei fiumi Onon e Khürkh. A ribadirlo, poco prima dell’ingresso in paese, un piccolo recinto con una statua di Chinggis Khan che viene visitata e venerata come un santuario dalla popolazione del luogo. Il villaggio di Binder offre il minimo indispensabile ma i luoghi intorno sono affascinanti e meritano anche una sosta prolungata per gite a piedi o a cavallo.

Dadal
Quando si parla di Chinggis Khan, Dadal è la località che ricorre più spesso. È alla confluenza tra i fiumi Onon e Balj, evocati dalla saga mongola come luogo di nascita di Temujin: siamo nel parco nazionale che si chiama proprio Onon-Balj e custodisce le meraviglie naturalistiche in una striscia di 25 chilometri fino alla Siberia. È un’area di circa 4.000 kmq dove si incontrano steppa e foresta, testimoni di un habitat complesso e delicato che si estende in una depressione dall’altitudine media di 800 m slm. Ci troviamo a 600 km da Ulaanbaatar e a 270 da Öndörkhaan. Dadal è una cittadina accogliente, con negozi in cui si trova di tutto e qualche sistemazione spartana per la notte.
A un paio di chilometri da Dadal, in un bellissimo contesto naturale, si aprono le colline di Delüün Boldog e il lago Gurvan nuur. Qui nel 1962, in occasione degli 800 anni della nascita di Chinggis Khan, venne inaugurata una statua a lui dedicata (la prima in assoluto) di grande significato sociopolitico perché fu eretta in pieno governo sovietico, che vietava qualsiasi manifestazione a favore dell’eroe mongolo, considerato un “imperialista”. Il funzionario che approvò il progetto fu rimosso dal partito e Makhbal, lo scultore, fu licenziato in corso d’opera. La statua in marmo bianco, alta 12 metri, dalla forma che simboleggia il fuoco, non fu però mai rimossa e conserva tuttora un enorme valore simbolico per i mongoli. Nei pressi della statua, sulle rive del Gurvan nuur, si affaccia un campo turistico frequentato soprattutto dai mongoli, dato il modestissimo afflusso di viaggiatori.
Poco più a nord, ormai sul bordo della Siberia, si apre la grotta più profonda della Mongolia, Süügtiin agui (in alcuni testi viene chiamata Galtai agui); ha la forma di un sacco e una profondità di circa 80 metri. Un piccolo lago sul fondo è la speleodimora di fantastici organismi ipogei quali pesci senza occhi e formiche senza colore. La grotta si affaccia sulla confluenza dei fiumi Süügt e Galtai.